Nel 1947, all’interno del granaio di Villa Saccardo, venne predicata una Missione da padre Cherubino (un frate cappuccino proveniente da Venezia), che produsse nella popolazione un forte desiderio di partecipazione religiosa.
Il luogo, dove allora si celebravano le funzioni religiose per questo territorio, era costituito da un granaio senza finestre, a cui si accedeva tramite una scala in legno alquanto disastrata. La buona volontà dei pochi fedeli, che la frequentavano e cercavano di abbellirla, non era però sufficiente per rendere dignitoso questo luogo.
Fra’ Cherubino suggerì loro la costruzione di una “vostra chiesina”, li incoraggiò e coinvolse in questa “impresa” la signora Ippolita Sommer Fanna (proprietaria di Villa delle Rose), la maestra Antonia Calcinoni Sasso e Anna Zanzon, una donna semplice e sempre disposta a lavorare per questa causa. Queste tre donne iniziarono a raccogliere offerte, vendendo prodotti agricoli e lavori di loro realizzazione. Al fine di racimolare più soldi per costruire l’edificio sacro, inventarono continue e creative raccolte, coinvolgendo anche Giovanni Bot e Renzo Toscan come fabbricieri e altri, assieme ai quali fondarono un Comitato Promotore. Il vescovo Mantiero sostenne questa iniziativa, anche contro il parere del parroco di S. Maria del Rovere, che si vedeva sottrarre una parte degli introiti in questa nuova avventura.
Per raccogliere altro denaro, le tre donne dettero inizio anche alla Sagra di primavera, tradizione che continua da 70 anni e che inizia il lunedì dell’Angelo. La prima sagra fu organizzata infatti nel 1947 con un’umile pesca di beneficenza presso la trattoria “Al ponte Storga”, da tutti però conosciuta come “Trattoria ae Lavandere”.
Per la costruzione della “chiesina”, Ippolita Fanna e il marito Antonio senior offrirono una loro proprietà, di fronte alla Villa delle Rose, lungo Viale Brigata Marche, ma la Curia rifiutò l’offerta perché il terreno, oltre che essere troppo limitato per l’erezione delle opere parrocchiali, era anche acquitrinoso. Si permutò quindi un altro terreno di proprietà della Curia, sito nel comune di Carbonera, con uno, che i conti Passi possedevano in Selvana, nel luogo dove attualmente sorge la Chiesa.
Venne dato incarico di progettarla all’architetto Pietro Del Fabro e il 10 aprile del 1950, lunedì di Pasqua, venne posata la prima pietra.
La chiesa avrebbe dovuto essere dedicata al Cuore Immacolato di Maria , come si evince dal notiziario della parrocchia di S. Maria del Rovere e dal ritrovamento (durante i lavori di restauro nel 1980) della pergamena inserita nella prima pietra.
Dalla perizia giurata del progettista, sappiamo che i costi previsti per l’erezione della chiesa e della sacrestia ammontavano a circa 19 milioni e che le dimensioni dell’edificio a navata unica, nello stile classico, erano di metri 30,45 di lunghezza per 17 di larghezza e 13 di altezza.
Nel 1951 si dette inizio alla costruzione, ma i lavori vennero sospesi per mancanza di soldi. Nel frattempo tutte le celebrazioni si svolgevano sempre a villa Saccardo, che però venne messa in vendita con la barchessa nel 1954.
Ippolita Fanna si impegnò allora personalmente a consegnare altri 2,5 milioni all’impresario, purché questi si obbligasse a costruire il presbiterio, due campate e le due sacristie laterali .
I lavori furono condotti solo al rustico e con pavimento in terra battuta, ma l’impresario presto li sospese, sostenendo di aver esaurita la cifra pattuita. Dal 1955 Ippolita Fanna seguì indirettamente le vicende della costruzione dell’edificio, delegando il figlio Antonio junior a tenere i contatti con il vescovo.
Il 4 novembre 1955 Mons. Mantiero benedì e celebrò la prima Messa nell’edificio , che mancava ancora degli altari laterali, del pavimento e dell’intonacatura interna.
Per l’occasione fu stampato un santino con l’immagine del Crocefisso, in legno policromo della metà del XVI secolo, che è tuttora esposto sopra l’altare maggiore.
Ma non vi era ancora presente un sacerdote stabile, così Antonio Fanna junior e la moglie Maria Pia Roncoroni confermarono la loro disponibilità economica per il sostegno di un sacerdote e s’impegnarono a far costruire la canonica e alcune aule per la dottrina.
Finalmente, il 18 settembre 1956, don Egidio Imoli venne assegnato alla nuova parrocchia che mancava ancora di un luogo per accogliere i bambini.
Nuovamente e con la consueta generosità, i coniugi Fanna resero disponibile la barchessa della loro villa delle Rose per istituire l’asilo con il relativo splendido parco, divenuto luogo di ritrovo estivo per i ragazzi della parrocchia.
Dal 15 ottobre 1957 la chiesa di Selvana non fu più succursale di Santa Maria del Rovere, ma per la sua sistemazione definitiva si dovette aspettare fino al 1968, anno in cui venne costruito il porticato esterno, aperta la trifora sulla facciata e sostituite le precedenti finestre, dove erano incisi sui vetri i 10 Comandamenti e collocato sull’apice del tetto un crocifisso, opera di Simon Benetton.
Nel 1970 furono donate la statua del Sacro Cuore e 12 stazioni della via Crucis eseguite da Ferdinando Perathoner e un S. Giuseppe di Conrad Moroder, tutte opere di scultori di Ortisei. Dello stesso periodo è anche un olio su tela rappresentante il Buon Pastore, una statua della Madonna di Lourdes in gesso dipinto ai primi del 1900 e una Madonna con Gesù Bambino, olio su tela del pittore Giulio Ettore Erler nel 1963.
La consacrazione dell’edificio religioso avvenne solamente nel 1983 ufficializzando la costituzione della parrocchia di Cristo Re tanto desiderata dal Comitato Promotore, dal primo parroco e dalla popolazione.
Se pensiamo che la prima chiesuola era un granaio fradicio, a lato della villa Saccardo, abitato da profughi della seconda guerra mondiale e che l’attuale edificio è cresciuto sulle offerte dei parrocchiani, capiamo quanto valore personale oltre che spirituale abbia questa parrocchia.
Nel tempo, la chiesa non è più attorniata da alberi e campi, ma da asili, una scuola elementare , una grande “sala polifunzionale” che ospita palestra, un’ampia cucina e altre strutture che attraggono ancor oggi tutta la comunità di Selvana, dai più giovani agli anziani.
Nel 2005, nella notte di Natale, un incendio (dovuto a un corto circuito) ha danneggiato l’edificio sacro, rendendolo temporaneamente inagibile, con danni quantificati sui 200.000 euro. Le sante Messe continuarono ad essere celebrate nella sala giochi dell’oratorio e sotto il tendone usato per la Sagra.
Anche in quell’occasione, dopo lo smarrimento iniziale, la Comunità ha trovato speranza, forza e mezzi per superare la grave situazione e ciò non ha fatto altro che serrare ancor di più il legame tra questa chiesa e la sua gente, segno di un percorso culturale, ma soprattutto di un cammino di fede, fatto di tanti piccoli gesti quotidiani.